L'energia e il lavoro sul corpo

La bioenergetica può essere definita come un modo di comprendere la personalità
dell’individuo in termini dei suoi processi energetici (Lowen, 2004). Tali processi,
ovvero la produzione di energia attraverso la respirazione e il metabolismo e la
scarica di energia nel movimento, sono le funzioni basilari della vita. E’ proprio la
quantità di energia di cui si dispone, e l’uso che se ne fa a determinare il modo in cui
si risponde agli eventi della vita. La bioenergetica è anche una forma di terapia che
associa il lavoro sul corpo, con quello sulla mente, per aiutare le persone ad affronta
le proprie problematiche emotive, ma anche per ampliare il proprio potenziale di
provare piacere e gioia di vivere. Un assunto fondamentale è che il corpo e la mente
sono funzionalmente identici, cioè quello che succede nella mente riflette quello che
succede nel corpo e viceversa. Secondo questo approccio terapeutico dunque, la
mente e il corpo si possono influenzare reciprocamente : ciò che si pensa può
influenzare il modo in cui si sente e ciò che sentiamo, può influenzare il nostro
pensiero. Attraverso la terapia bioenergetica, il terapeuta si propone di aiutare la
persona a tornare ad “essere con il proprio corpo” (Lowen, 2004, pag. 35) e a godere
della vita in modo pieno. Il risalto dato al corpo , comprende la sessualità, ma anche
funzioni più “basilari”, come quelle di respirare, muoversi, sentire ed esprimere sé
stessi. Infatti, quando una persona non respira a fondo, riduce il suo sentire e riduce la
vita del corpo e, se non si muove liberamente limita il corpo stesso. La bioenergetica,
si propone dunque di aiutare i pazienti, a riconquistare la sua natura primaria, la
condizione di libertà, intesa come assenza di repressione delle sensazioni interiori. Si
propone inoltre di aiutare gli individui ad aprire il cuore alla vita, all’amore e ai
sentimenti.

La bioenergetica, si basa sull’opera di Wilelm Reich ( Dobrzcynica 1897-
Lewisburg 1957) il quale intorno agli anni 40, tenne un corso alla New School For
Social Research di New York sull’analisi del carattere. Tale corso, verteva
sull’identità funzionale tra il carattere di una persona e il suo atteggiamento corporeo,
o armatura muscolare. Il pensiero di Reich si presenta come un punto d’incontro tra
Freudismo e Marxismo, favorendo la nascita di un filone della psicanalisi che potremmo definire “ereticale”.

Il tipo di terapia proposto da Reich fu la
“vegetoterapia analitica del carattere”, che consisteva nella mobilitazione delle
sensazioni, attraverso la respirazione ed altre tecniche corporee che attivano i centri
vegetativi liberando energia all’interno del corpo (Lowen, 2004). La bioenergetica,
conobbe ulteriori sviluppi intorno agli anni 50, quando Lowen, allievo e seguace di
Reich, decise di distaccarsene per divergenze teoriche. Infatti Lowen non
condivideva le ipotesi del suo maestro sull’energia orgonica, e decise di articolare in
modo più sistematico il fondamentale approccio somatico al problema delle nevrosi. I
principi reichiani fondamentali su cui si basa il lavoro di Lowen sono due: l’identità
funzionale tra rigidità e funzione psicologica e rigidità e tensione muscolare; la
correlazione tra inibizione emotiva e psichica e insufficienza delle funzioni
respiratorie. Rispetto al lavoro di Reich, Lowen ha sistematizzato una tipologia
caratteriale più articolata. Ciò che è innovativo è proprio la chiave di lettura, che le
singole parti del corpo possono rivelare circa le problematiche dello sviluppo
emozionale dell’individuo. Obiettivo fondamentale della terapia bioenergetica è,
come in quella reichiana, il rimettere l’individuo in contatto con il proprio nucleo
centrale positivo, con una maggiore focalizzazione però sulla necessità di un
ripristino, di un miglior contatto ed adattamento dell’individuo con la propria realtà
sia interna che esterna.

Il concetto di carattere

Un altro aspetto fondamentale all’interno dell’analisi bioenergetica è il concetto di
carattere; nel pensiero di Lowen, le strutture caratteriali nevrotiche, sono determinate
da esperienze traumatiche verificatesi nella prima infanzia dell’individuo, e
generalmente possono manifestarsi, sottoforma di “mancanza di vitalità” e di
conseguenza mancanza di aggressività (Lowen, 2003). Egli individua cinque strutture
caratteriali che rientrano nel quadro nevrotico; esse originano da un bisogno negato
durante l’infanzia, e ognuna presenta delle specifiche caratteristiche sia per quanto
riguarda l’aspetto corporeo, che per ciò che concerne gli aspetti energetici: il carattere
schizoide, il carattere orale, il carattere psicopatico, il carattere masochista e infine il

carattere rigido (che comprende i sotto caratteri isterico, fallico-narcisista e passivo-
femminile). Il primo carattere analizzato da Lowen è il carattere schizoide. Il termine
“schizoide” deriva da “schizofrenia” e indica la presenza nella personalità di tendenze
di tipo schizofrenico (Lowen, 2004, pag. 131). In questo tipo di carattere è presente,
più precisamente, la tendenza a: ritirarsi verso l’interno, rompendo o perdendo il
contatto con il mondo e con la realtà esterna; a scindere in due il funzionamento
unitario della personalità, ovvero una frattura tra il pensiero del soggetto e il sentire.
Nel carattere schizoide si evidenzia una forte tendenza a evitare le relazioni intime e
sentimentali che sono molto difficili da stabilire per via della mancanza di carica
nelle strutture periferiche. In questo tipo di carattere è il diritto fondamentale
dell’essere umano a venire minacciato: il diritto fondamentale di esistere, di
incarnarsi; di conseguenza è presente nell’individuo schizoide un’insicurezza
ontologica di fondo (Laing, 2010). Questo carattere origina da un ambiente materno
ostile, poco accogliente, rifiutante, in cui il bambino si sente “minacciato” già nella
fase intrauterina. Il carattere orale trova il suo diritto negato nell’”avere bisogno di”,
dunque la negazione fondamentale riguarda il bisogno di nutrimento. I fattori
eziologici, descrivono un caregiver non accudente, distratto, che ha cresciuto il figlio
con un bisogno insaziabile: se il bambino cadeva, i genitori lo ignoravano, in un
clima di trascuratezza. La persona con questo tipo di carattere crede che il mondo lo
deve risarcire (siccome non ho auto, ora il mondo mi deve dare). , perciò si pone
come quello che deve dare tanto poiché in realtà vuole ricevere tanto per sé. E’ un
esperto della richiesta indiretta e pretende che il mondo sappia cogliere i propri
movimenti interni; inoltre vede il mondo diviso in buono e cattivo, come da piccolo
sentiva il seno buono e il seno cattivo della madre. Il carattere psicopatico è
caratterizzato da una struttura molto complessa; l’essenza dell’atteggiamento
psicopatico è la negazione dei sentimenti, e ciò si discosta dal carattere schizoide che
invece si dissocia dai suoi sentimenti. Nella personalità psicopatica l’io diventa ostile
al corpo e alle sue sensazioni, soprattutto quelle sessuali. In tutti i caratteri psicopatici
è presente un iperinvestimento di energia nella propria immagine, in contrasto con

una funzione normale dell’io che è quella di appoggiare il corpo nella sua ricerca del
piacere, non di sovvertirla a favore di un’immagine dell’io (Lowen, 2004). Un altro
aspetto di questo tipo di personalità è il suo bisogno di potere, di dominio e di
controllo e questi bisogni possono essere soddisfatti in due modi: la prepotenza e la
sopraffazione oppure l’insidia attraverso un approccio seduttivo. I fattori eziologici
riconoscono un caregiver che dà affetto solo se il figlio raggiunge gli obiettivi che ha
stabilito; è un bambino che viene manipolato dai genitori a discapito dei suoi bisogni
più autentici; sente l’impotenza, ma la causa la attribuisce agli altri. Il carattere
masochista rappresenta, secondo Lowen, uno dei più difficili caratteri da trattare in
terapia, in quanto, dopo un superficiale miglioramento, si presenta una ricaduta nei
vecchi sintomi e nelle antiche lamentele, e questo modello tende a reiterarsi nel corso
dell’analisi (Lowen, 2003). Il diritto fondamentale negato del masochista è quello di
“Imporsi, di potersi affermare, perciò ha il bisogno di trovare il suo spazio attraverso
la provocazione, alla quale si associano emozioni quali il senso di colpa, la vergogna,
l’umiliazione. Probabilmente è stato un abmbino eccessivamente nutrito, anche dal
punto di vista affettivo a cui però non è stata data la possibilità di scegliere secondo i
propri desideri, e di dire no . Questo carattere si sviluppa all’interno di un gioco di
potere con la madre per ottenere la propria indipendenza, ma il genitore non si
arrende, dunque in preda alla volontà materna e per non deluderla, rinuncerà ai propri
diritti esistenziali. Il masochista è una persona illusa, crede di poter tenere tutto il
mondo sulla sua schiena come il mito di Atlante. E’ una persona molto accogliente ,
quasi disarmante, con un forte bisogno di socializzare, si considera di poco valore si
svaluta ripetendo a sé stesso che ancora non è il suo momento e che ci sarà tempo per
avere ciò che gli spetta. Rispetto all’eziologia di questa struttura difensiva,
probabilmente troviamo una forma di disapprovazione o derisione da parte del
genitore, ma anche un ipercontrollo rispetto alle funzioni del nutrimento e dell’
evacuazione, che ha portato l’illusione che bisogna sempre meritarsi l’amore dei
genitori compiacendoli (Lo Iacono, Sonnino 2008). Infine, il carattere rigido,
presenta la sua problematica nel diritto fondamentale di “poter amare sessualmente”,

amare pienamente ed essere amato. La risposta negativa dell’ambiente è di freddezza
o rifiuto durante il periodo della pre-scolarizzazione, si sviluppa, nello specifico
durante la fase edipica, dai 3 ai 6 anni di vita, quando il bambino scopre il piacere
sessuale e l’attrazione verso il genitore del sesso opposto. (Marchino, L. ) Rispetto
agli altri caratteri, è quello più evoluto: si tratta di un bambino che nei primi tre anni
di vita, ha ricevuto accudimento, amore, affetto, riconoscimento, libertà di giocare e
di muoversi. Nel corso dell’infanzia, dunque, non ha subito forti traumi, per questo
motivo, la sua posizione difensiva è meno grave rispetto agli altri, e possiede una
buona quantità di energia per evolvere. E’ un bambino che si è sentito tradito dal suo
spontaneo protendersi verso l’amore e dalla sua naturale ricerca di piacere erotico. Il
suo vero trauma affonda le radici nella sensazione che qualcosa è sbagliato in lui e
rifiuta i suoi stimoli sessuali, perché non sono stati approvati dai genitori; per
adattarsi a questa condizione, il piccolo agirà nella vita con cuore, ma in modo
contenuto e sempre sotto l’incessante controllo dell’io.

Applicazioni cliniche.

A livello pratico, le innovazioni introdotte da Lowen consistono in due esercizi
fondamentali, definiti “Grounding” e “Bend over”. Il grounding, ovvero
“radicamento”, si sviluppò in seguito all’osservazione, da parte di Lowen che la
maggior parte dei suoi pazienti erano privi di contatto con la realtà, ovvero mancava
il senso di avere i piedi saldamente piantati a terra (Lowen, 2004). Questo esercizio
consiste nell’adottare una posizione in piedi (invece di quella sdraiata usata da
Reich), divaricare le gambe, voltare le punte dei piedi verso l’interno, piegare le
ginocchia, arcuando la schiena in modo da mobilitare la parte inferiore del corpo. In
questo modo ci si sente più ancorati al suolo, inoltre si rende più profonda la
respirazione addominale. L’esercizio del bend over, invece, consiste nel mantenere
questa posizione coi piedi ancorati al terreno, e nel piegarsi in avanti lentamente,
sfiorando il pavimento con la punta delle dita, sempre mantenendo le ginocchia

leggermente flesse. Secondo Lowen, in questo modo si accresce la sensazione
provata nella gambe, fino a che si avverte una vibrazione. (Lowen, 2004). Un’altra
innovazione apportata fu l’utilizzo di uno sgabello per la respirazione. Lowen aveva
avvertito che era un problema ottenere che i pazienti respirassero in modo pieno e
profondo; in particolare aveva osservato la tendenza ad arcuare la schiena all’indietro
sulla spalliera della sedia, dopo essere stati seduti per un certo tempo. Così, notò che
far sdraiare i pazienti con la schiena sullo sgabello poteva avere l’effetto di stimolare
la respirazione, portando un effetto liberatorio, anche senza eseguire gli esercizi
appositi. Per quanto riguarda i caratteri, di cui abbiamo parlato poc’anzi, è importante
individuare la struttura caratteriale del paziente, tenendo conto del fatto che non esiste
una struttura caratteriale univoca, ma spesso diversi tratti coesistono nella persona.
All’interno della terapia, si lavora sulla consapevolezza, al fine di aiutare il paziente a
comprendere il proprio funzionamento, esplorando insieme al terapeuta le proprie
emozioni, che spesso sono “imprigionate” nel corpo e agiscono in modo inconscio.
Dunque si aiuta il paziente sia con la terapia verbale, che con appositi esercizi
bioenergetici per “sbloccare” le emozioni inespresse e apportare un senso di
benessere psicofisico.

Riferimenti bibliografici

Laing, R.D. L’io diviso. Studio di psichiatria esistenziale. (2010). Giulio Einaudi
Editore.
Lo Iacono, A. & Sonnino, R.Respirando le emozioni. Psicofisiologia del benessere.
(2008). Armando Editore
Lowen, A. Bioenergetica. (2004). Feltrinelli Edizioni.
Lowen, A . Il linguaggio del corpo. (2003). Feltrinelli Editore: Milano.
Dr. Gianpiero Strangio Psicologo