Il rapporto genitori – figli: il punto di vista psicologico.

                      

 Il rapporto tra genitori e figli riveste un’importanza cruciale per la crescita dell’individuo; tale influenza dipende dal fatto che è proprio attraverso questa relazione che si scoprono elementi fondamentali della vita che diventeranno un punto di partenza, nonché di riferimento per il futuro della persona.

In Psicologia ci sono diverse teorie importanti che descrivono la centralità dei genitori in ambito relazionale, cognitivo ed emotivo. Una delle teorie più conosciute e più apprezzate in ambito psicologico, e che in un certo senso costituisce la base degli studi in questo ambito, è la teoria dell’attaccamento di J.Bowlby. Essa descrive in maniera semplice, come la relazione tra un individuo e chi si prende cura di lui, ovvero il “caregiver”, rivesta un’importanza fondamentale non solo nella sua crescita e nel suo benessere psico-fisico, ma anche nel modo in cui questo individuo si relazionerà con il mondo e con i futuri partner. La capacità di fornire sicurezza al bambino, e di conseguenza di creare un attaccamento sicuro, costituisce la base, per l’adulto per approcciare con fiducia al mondo; una madre e un padre che riescono a trasmettere fiducia, costanza, che nonostante la lontananza fisica garantiscono una presenza emotiva, creano una relazione positiva, d’amore con il loro piccolo.

Altri autori importanti, quali Spitz e Harlow, che possiamo considerare i precursori di questa teoria, hanno fatto degli esperimenti in questo ambito, e hanno verificato che la lontananza emotiva dei caregiver, causa un malessere emotivo nel piccolo; a tal proposito Spitz parla di “depressione anaclitica”, proprio per definire una situazione di malessere, tristezza e in alcuni casi, morte, in bambini privati delle cure genitoriali. Il secondo autore citato, Harlow, attraverso degli studi condotti sui cuccioli di scimmia, ipotizzò la presenza di un legame che andasse oltre il semplice bisogno di nutrimento, ma che implicasse vicinanza, accudimento, calore. Non è dunque la presenza “fisica” o “materiale” a garantire l’affetto, bensì la vicinanza emotiva. Psicologica a permettere un sano sviluppo psico-fisico del bambino.

La relazione tra genitori e figli è importante, non solo perché, come abbiamo visto, costituisce la base, per le future relazioni, ma è anche importante perché permette al bambino di avere un “ritorno” sulla propria immagine di sé. In che modo si costruisce questa immagine? Sono diversi gli elementi che intervengono in questo senso: le risposte dei genitori ai comportamenti del bambino, che possono far emergere in lui delle domande “sono importante”?, “sono degno d’amore?”, “merito delle attenzioni?”; infatti anche determinate parole, aggettivi utilizzati per descriverlo influiscono sulla costruzione che il bambino farà di sé stesso. Le scelte, che vengono prese dai genitori riguardo le attività da svolgere, i giochi, i compiti da fare, sia quando il bambino è d’accordo, sia in caso contrario, sono tutte situazioni che influenzeranno la costruzione della personalità del bambino. Anche successivamente questo rapporto è importante per la costruzione dell’identità del ragazzo, ad esempio in adolescenza, che è per definizione una fase “critica”, di transizione e di passaggio, in cui da un lato il ragazzo sente il bisogno di emanciparsi, quasi di “scappare”, ma dall’altro lato ha bisogno di un porto sicuro in cui ritornare per sentirsi protetto e amato. Dunque anche in questa fase c’è bisogno che la famiglia sia presente il più possibile per aiutare il ragazzo a perseguire il suo sviluppo in maniera armonica.

Un passo indietro: come viene definito il concetto di famiglia?

Con il termine famiglia, si intende il primo ambiente, la prima “agenzia di socializzazione” in cui l’individuo è inserito, è il primo luogo in cui l’individuo inizia a confrontarsi, ad avere un impatto con la realtà sociale, dunque è quello che può influire, soprattutto nei primi anni di vita, ma anche in seguito, alla formazione della personalità, dell’identità, e dei propri ruoli sociali. La famiglia è dunque, un luogo di condivisione, dove si acquisiscono regole di comportamento, idee, valori, possiamo dire che è il nucleo centrale che influisce sulla crescita dei figli. Anche i una società sempre più complessa, come quella attuale, anzi, come direbbe il sociologo Bauman, una società “liquida”, in cui si perdono le connessioni tra gli individui, si ha un venir meno dei legami sociali, la famiglia, rimane il nucleo centrale della società.

La comunicazione: un ingrediente fondamentale per una buona relazione tra genitori e figli. I genitori moderni, rispetto a quelli di altre generazioni, sono molto più elastici ed empatici; nonostante ciò, le dinamiche e i problemi di interazione tra due mondi così lontani, distanti, restano alquanto difficili. Una prima questione che appare rilevante, riguarda proprio il ruolo genitoriale: sembra che le madri e i padri di oggi vivano il loro ruolo con la costante paura di commettere uno sbaglio, in costante conflitto tra l’essere troppo severi o troppo permissivi, tra il “viziare” o non dare abbastanza attenzione. Da pare dei figli invece, si osserva come essi sviluppano il desiderio di essere amati e accolti, richiedendo l’approvazione dei loro genitori, mentre questi ultimi hanno paura di dire qualche “no”.

Una possibile soluzione, o quanto meno, una “strategia” per ridurre lo stress da educatore è attuare una buona comunicazione. Come prima cosa è utile pensare che in quanto genitori, è perfettamente normale commettere degli errori; ammettere i propri limiti non vuol dire perdere credibilità agli occhi dei ragazzi, ma vuol dire accettarsi come esseri umani, con tutta la complessità di cui siamo fatti. La comunicazione, inoltre, non deve essere “a senso unico” ma è fatta di diverse parti interagenti, in cui ci deve essere un reale ascolto e una reale comprensione. Un genitore empatico è colui che accoglie le problematiche dei propri figli, che li ascolta, che non sminuisce i loro problemi, ma che trova sempre un modo per aiutarli , comprenderli e ascoltarli in modo autentico.

Un’altra “funzione” genitoriale importante è quella di favorire la consapevolezza emotiva dei propri figli, accogliere le loro emozioni, dar loro un nome, e soprattutto non far vivere ai ragazzi le emozioni come qualcosa di sbagliato. Un’altra soluzione può anche essere quella di richiedere una consulenza psicologica genitoriale per un confronto più professionale, laddove ci siano situazioni problematiche e difficili da gestire.

Infine, un ruolo importante che hanno avuto, soprattutto negli ultimi anni, all’interno del rapporto genitori-figli è quello dei nuovi media; la rete e le nuove tecnologia hanno cambiato di molto il paradigma della comunicazione, e della relazione favorendo l’isolamento e incrementando una illusoria percezione di essere sempre connessi. A tal proposito è fondamentale che i grandi imparino questo linguaggio, che apprendano come usare le nuove tecnologie, per stare vicini ai propri i figli, e affiancarli in questo “territorio” che appare sempre più minaccioso. Infine, è importante dire che tra adulti e ragazzi non devono mancare mai la comunicazione e il dialogo; anche all’interno della coppia, il confronto deve essere sempre presente.  Per educare in maniera efficiente ed efficace serve accordo, servono regole chiare, confini, tra ciò che si può fare e ciò che non si può fare, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, stare accanto ai ragazzi, esprimendo amore e offrire in ogni momento un modello positivo.

Riferimenti bibliografici.

Lis, A., Stella S, Zavattini G.C., (1999). Manuale di psicologia dinamica. Il Mulino; Bologna.

Bowlby, J (1989). Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento. Raffaello

Cortina Editore; Milano.

Siti internet: sociologicamente.it; crescitapersonale.it