Come gestire un attacco di panico

 

Definiamo gli attacchi di panico.

 

Possiamo definire un attacco di panico, come all’interno di un “continuum” d’ansia, che va dal “normale” al patologico: l’ansia ritenuta sana, è quella che ci permette di svolgere le normali attività quotidiane, mobilita energie, ci permette di portare a termine i diversi compiti della giornata, mentre negli attacchi di panico l’ansia diventa intensa e ingestibile, compromettendo, dunque la quotidianità della persona. Distinguiamo inoltre, l’attacco di panico singolo, che si può manifestare ad esempio in seguito ad un evento stressante,  dal disturbo di panico, dove aumenta la frequenza degli attacchi di panico

L’attacco di panico si manifesta con un’intensa e inappropriata paura, in assenza di un pericolo reale, accompagnata da sintomi somatici e cognitivi; questi ultimi sono ad esempio: paura di impazzire o di perdere il controllo, è di breve durata, di solito dura meno di dieci minuti, e raggiunge rapidamente l’apice (Bartoletti, A. 2021). Nello specifico, gli attacchi di panico, prevedono l’attivazione del sistema simpatico, dunque coinvolgono il corpo e presentano i seguenti sintomi:

  • Palpitazioni o tachicardia
  • Sudorazione
  • Brividi o vampate di calore
  • Tremori fini o a grandi scosse
  • Parestesie
  • Dispnea o sensazione di soffocamento
  • Sensazione di asfissia
  • Dolore o fastidio al petto
  • Nausea o disturbi addominali
  • Sensazioni di sbandamento, instabilità, testa leggera o senso di svenimento
  • Derealizzazione o depersonalizzazione
  • Paura di perdere il controllo o di impazzire
  • Paura di morire

 

La caratteristica degli attacchi di panico è la loro imprevedibilità, dunque, arrivando in maniera improvvisa, innescano nella persona, sentimenti di vulnerabilità e debolezza, apportando un cambiamento significativo nella vita dell’individuo.

 

Neurofisiologia degli attacchi di panico.

 

I segnali provenienti dagli organi di senso, vista udito e tatto, raggiungono prima il talamo, visivo, uditivo e olfattivo. Se l’informazione viene percepita come sconosciuta rappresenta una minaccia, viene trasmessa all’amigdala (una sorta di “centralino” d’allarme), che etichetta lo stimolo, riconoscendolo come pericoloso. Si attiva, dunque il sistema nervoso simpatico, facente parte del sistema nervoso autonomo, indipendente dalla nostra volontà. Esso è formato da due vie, simpatico e parasimpatico. Il Sistema Nervoso Simpatico, ha la finalità di preparare l’organismo ad attaccare o a fuggire da una situazione minacciosa. La reazione di paura innescata rappresenta un meccanismo fisiologico sofisticato e immediato, che in condizioni di normalità, rende le persone vigili e attive quando si trovano o pensano di trovarsi di fronte a una minaccia. Nel nostro cervello abbiamo un’altra area implicata in questi meccanismi, la corteccia, che rappresenta la parte più “razionale” deputata alla pianificazione esecutiva, all’attenzione, alla riflessione. Essa può correggere le strutture emozionali cerebrali, più antiche e automatiche, intervenendo nell’attenuare “falsi allarmi”, riducendo la risposta soggettiva all’ansia. Quando siamo esposti a stimoli minacciosi o percepiti come tali, si attiva l’amigdala (che innesca una reazione di attacco-fuga). Superato l’evento, la corteccia torna ad operare al suo livello ottimale. Se questo allarme viene attivato tante volte, la persona diventa reattiva, impulsiva, appare confusa e disorientata. Gli attacchi di panico, sono il risultato di interpretazioni catastrofiche di eventi che vengono considerati erroneamente, come segnali di disastro imminente. Secondo Clark (1986), vi è una sequenza di eventi, in una successione circolare  che conduce agli attacchi di panico e ne determina il mantenimento. Questo modello è utile per spiegare due aspetti dell’attacco di panico: l’aspetto dell’autosuggestione che caratterizza il quadro clinico di chi soffre di tale disturbo e la caratteristica dell’imprevedibilità, che insorgerebbero spontaneamente in seguito alla comparsa di sensazioni improvvise. Secondo questa teoria, il soggetto che soffre di panico, può ritrovarsi in questo circolo vizioso, a partire da ogni suo punto; o partendo dallo stimolo scatenante, o avvertendo direttamente alcune sensazioni somatiche legate all’arousal e convincendosi della pericolosità di queste sensazioni “rinforzando” le rappresentazioni catastrofiche ad esse connesse. Il frequente ripetersi di episodi di ansia e di panico può indurre la persona a temere che queste si ripresentino, sviluppando aspettative rispetto alle condizioni o alle situazioni legate a tali sensazioni .Le aspettative, quindi, diventano a loro volta attivanti anticipando la sensazione sgradevole o aumentando l’attenzione del soggetto verso le sensazioni giudicate spiacevoli e/o pericolose (Kirsch, 1999).  Questo meccanismo produce un abbassamento della soglia di percezione di esse, con il risultato che saranno percepite più facilmente e con maggior intensità (Wells, 1997). In questo circolo vizioso, non dimentichiamo il ruolo del nostro Sistema Nervoso Centrale; come abbiamo detto in precedenza, il panico presenta un correlato neurofisiologico, ovvero amigdala, corteccia prefrontale e ippocampo, dove si consolida l’apprendimento dell’attacco di panico. Nell’attacco di panico, inoltre, la persona sperimenta una forte paura, precisamente la “fobo-fobia” ovvero la paura della paura, per cui la persona potrebbe mettere in atto delle strategie di evitamento, soprattutto dei luoghi o delle situazioni in cui si è verificato inizialmente l’attacco di panico.

 

La diagnosi degli attacchi di panico

 

Secondo il Manuale Diagnostico e statistico dei disturbo mentali (DSM-V), per fare diagnosi di attacchi di panico, devono essere soddisfatti i seguenti criteri:

  1. Presenza di attacchi di panico inaspettati e ricorrenti, dei quali, almeno uno, seguito da un mese o più, di preoccupazione persistente di avere altri attacchi, e/o di preoccupazione relativa alle implicazioni o alle conseguenze dell’attacco, seguiti da una significativa alterazione del comportamento correlata agli attacchi di panico.
  2. Presenza  o assenza di agorafobia
  3. Gli attacchi di panico non devono essere causati dagli effetti fisiologici di una sostanza (per esempio da abuso di una droga) o di una condizione medica generale (esempio ipertiroidismo).
  4. Gli attacchi di panico non devono essere causati da un altro disturbo mentale come ad esempio la Fobia Sociale.

 

Come affrontare gli attacchi di panico?

 

E’ importante, innanzitutto, contestualizzare l’attacco di panico, ovvero inserirlo in un’attenta analisi della storia della persona, del momento di insorgenza, delle relazioni sociali in cui la persona si trova, nonchè della storia familiare che caratterizza appunto l’evoluzione e la crescita del paziente. Uno dei possibili approcci terapeutici per trattare l’attacco di panico, è l’approccio strategico. Esso focalizza l'attenzione, su come il problema funziona e si mantiene nel presente, e sull’individuazione di strategie disfunzionali che vengono messe in atto per affrontarlo. La persona viene “guidata”, mediante esperienze condotte dal terapeuta a costruire quelle abilità e risorse individuali per gestire il problema e superarlo efficacemente. Inizialmente, il terapeuta, effettua un’attenta analisi delle soluzioni disfunzionali, aiutando la persona a individuarle, “bloccarle” e a renderle funzionali. Il paziente ha la possibilità di sperimentare una serie di esperienze emotive concrete, adattate al sistema percettivo-reattivo della persona stessa e dello specifico problema, atte a favorire l’acquisizione dell’autonomia e della capacità di gestire la realtà. Questo cambiamento della percezione della realtà favorisce un aumento della consapevolezza, la quale giunge in seguito all’esperienza fatta. Dunque, la possibilità per il paziente di fare effettivamente qualcosa di diverso, rispetto ai suoi schemi abituali di pensiero e di comportamento, favorisce il benessere emotivo e il miglioramento della qualità di vita. Alla base di questo tipo di intervento c’è l’idea di “conoscere un problema mediante la sua soluzione”, cioè conoscere la realtà che ci circonda conoscendo le strategie che possono cambiarla. Secondo Nardone e collaboratori, la terapia breve e strategica, si occupa specificatamente degli attacchi di panico, i quali rappresentano l’area di maggior efficacia terapeutica. Vi sono dei protocolli di intervento costruiti ad hoc sulla tipologia di problema collegato al panico; essi prevedono specifici stadi di lavoro: apertura del gioco, sblocco della persistenza, consolidamento e autonomia personale, chiusura del gioco.

Nella prima fase vi è la definizione del problema, ovvero il problema viene analizzato nella sua specificità; insieme alla creazione di un’alleanza terapeutica. Successivamente vi è una focalizzazione sulle tentate soluzioni fallimentari, mette in atto nel tentativo di risolvere il problema, si indaga dunque su come la persona percepisce la realtà, evidenziando le modalità disfunzionali e favorendo modalità più funzionali.

Nella seconda fase, si cerca di ridefinire un primo cambiamento e incentivare un ulteriore cambiamento progressivo, si utilizzano strategie ben calibrate per bloccare le tentate soluzioni disfunzionali, e intervenire sulla rigidità del sistema di percezione della realtà della persona.  Nella terza fase, quella del consolidamento si misurano i risultati ottenuti, si consolidano i risultati o si modifica la strategia e si favorisce l’acquisizione di modalità di percepire e reagire alla realtà più flessibili delle precedenti. In questa fase è importante, sia a livello comunicativo, che a livello operativo, favorire l’autonomia della persona, consentendole di operare scelte efficaci. Nell’ultima fase, la “chiusura del gioco”, si arriva a un raggiungimento completo dell’autonomia della persona, si pone una maggiore enfasi sulle risorse e le responsabilità del paziente, e infine vi è la chiusura dell’intervento, che prevede delle sedute di controllo a tre mesi, sei mesi e ad un anno di distanza.

 

Dr. Gianpiero Strangio

Psicologo. Terapia Breve

 

 

Riferimenti bibliografici.

Bartoletti, A. (2021). Panico, Ansia e panico. Guida strategica per aspiranti coraggiosi. Franco Angeli. Milano.

Clark, D.M. (1986). A cognitive approach to panic. Behavior Research Therapy. 24; 461-470

Kirsch, I. (1999). How expentancies shape experience. Washington, DC: American Psychological Association Pres.

Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (APA, 2013)

Nardone G., Portelli C. (2015). Cambiare per conoscere. L’evoluzione della terapia breve strategica. Tea edizioni.

Nardone, Watzlawick, (2005). Brief Strategic Therapy. New York Jason Aronson.

Wells, A. (1997). Cognitive Therapy of Anxiety Disorder: A practice manual and conceptual guide. Chichester: Wiley

 


Contatta lo psicologo a Roma

Contatti

  • email: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
  • cell. 3270425475
Contattami

psicologo strangio roma


Gianpiero Strangio Psicologo Roma CF: STRGPR73H01H501S